Ernesto/Florence

Ernesto Cestarotta arrivò a Sidi Bel Abbes il 24 novembre. Aveva cambiato nome e cognome. Cestarotta gliel’aveva dato Don Vincenzo perché, quella mattina di luglio, quando se lo trovò sul sagrato della chiesa, neonato, la prima cosa che notò fu uno squarcio nella cesta di vimini. Ernesto, il nome, glielo aveva dato Finizia, la governante di Don Vincenzo. Ora, però, si faceva chiamare Florence Labarde. Arrivato a Sidi, affittò una camera presso una coppia di anziani che stavano festeggiando il compleanno di Hamida, la loro nipotina, che compiva 11 anni. Qualcuno li avvertiva, quando arrivavano i fascisti per l’addestramento. E loro si precipitavano a offrire alloggio. A Sidi Bel Abbes s’addestravano i fascisti ch’erano scappati dall’Italia in ginocchio e che venivano arruolati nella Legione Straniera. I fascisti avevano fatto cose brutte, lontano da Sidi. E là, ora, continuavano a farle. Sembrava che gli mancassero, le cattiverie, e che, da qualche parte le dovevano continuare a fare. Così, di tanto in tanto, si trovava qualche donna impalata ai margini del deserto, subito dopo Marhoum oppure qualche uomo decapitato dietro l’oasi di Taoudmut. Ernesto/Florence era stato un fascista “non-cattivo”. Così amava definirsi, intimamente, senza pensare che, se anche non fai niente, in certe situazioni, non sta scritto da nessuna parte che hai fatto del bene, anzi. La cordarda immobilità spesso non è encomiabile e fa più danno del danno stesso. Lui saltellava, perciò, sul confine tra il bene e il male. Li osservava entrambi, da lontano, senza decidere, una volta per tutte, quale dei due far aumentare in percentuale, nella sua scolorata vita. Quando Monsieur Habib gli disse che “il gruppo” si sarebbe trovato fuori città per fare “bisboccia”, s’unì a loro senza alcuna pretesa. Anche là, si sarebbe lasciato vivere addosso. C’era abituato. Dopo cena qualcuno portò un sacco di juta che “si muoveva”. Habib e gli altri erano ubriachi. Ernesto/Florence no. Gli fecero snodare lo spago che teneva chiuso il sacco che, ripiegandosi, svelò lo sguardo terrorizzato di Hamida. La rivide in casa, dove l’aveva incrociata qualche volta nell’ultimo mese. Aveva un sorriso dolce. Qualcuno portò un palo di legno. Ernesto/Florence sospirò, voltandosi verso la luna, noncurante delle urla disperate di Hamida. Finalmente, aveva scelto.

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