La devo smettere di cercare fotografie, porcazzozza. Stavo spulciando Facebook a caccia di una foto di mamma col cane e, a un certo punto, m’è arrivata davanti ‘sta schermata. Non ci posso credere. Non posso credere che, a un certo punto della mia vita, esattamente trent’anni anni fa, io ho imparato a usare i computer e ho scritto “ho il computer nel palmo della mano”. Qua, vedi, riconosco le mie capacità medianiche ed extra-sensoriali che mi facevano già immaginare e prevedere ciò che esattamente trent’anni dopo sarebbe successo; tutti col computer in mano, che poi sarebbe stato il mitico cellulare. E chi l’avrebbe mai pensato che, mentre scrivevo con DOS e stampavo quello che avevo scritto per la prima volta, da computer a stampante (D eufoniche sbagliate incluse), poi mi sarebbe saltato davanti agli occhi oggi? Quel foglio, sicuramente, ce l’ho da qualche parte ancora, conservato. Ne sono sicura. Io, come nonna Rosa che tutti criticavano perché teneva perfino lo spago lungo mezzo centimetro, conservo tutto; soprattutto nel cuore. Devo dire la verità, però. Non avevo conservato il senso di ebbrezza e conquista che la perseveranza, la pazienza, l’applicazione e la cazzimma (mio pregio e difetto al contempo, inestimabile e inopinabile, lo ammetto) ti fanno provare quando non molli l’osso, non ti fermi e non ti arrendi. Immaginare quella Rosa che, in un vecchio ufficio di Londra, trent’anni fa, armeggia con computer, stampanti e tant’altro ancora, sorridendo e incazzandosi a tratti, mi è familiare. La riconosco quando dice che la prima cosa che ha fatto con l’aggeggio infernale è stato di imparare a giocare al solitario. Lei è così. Per imparare bene qualcosa deve prima toccare, vedere, percepire le gratificanti particolarità di quel pezzo di vita. Deve prima capire cosa di bello ne potrebbe venire fuori, per impegnarci, poi, tutta l’energia che può, per imparare a conoscerla, apprezzarla. Non facciamo tutti così? Sì, questo, a parte la resilienza, è ciò che mi colpisce dello scritto: che per concentrare le mie energie su qualcuno o qualcosa, io debba sempre e comunque prima capire cosa di buono c’è in questa persona o cosa, sperimentandola. Del resto, come diceva la pubblicità: “A scatola chiusa compro solo Arrigoni”, no?
